La crisi incombente e le speranze nella Composizione Negoziata della Crisi (CNC) per scongiurare i default.
Giorni fa, nella Commissione tesi in Università a Piacenza, dove abbiamo laureato undici bravissime e bravissimi candidati, si è discussa una bella tesi sulla Composizione Negoziata della Crisi (CNC) quale nuovo strumento a disposizione delle imprese per il risanamento aziendale e la prevenzione del default.
Quanto emerso e dibattuto in quella sede, mi ha portato ad espormi nella previsione di un’escalation, prossima ventura, nel ricorso alla CNC: previsione fondata sulla drammaticità della situazione economica italiana, nel silenzio ormai quasi doloso di tutte le componenti istituzionali e sociali.
Secondo Cerved, il rischio di chiusura per le PMI italiane nel biennio 2024-2025 è dell’8,5%, con un aumento delle chiusure già nel 2023 del 33,3%. L’industria italiana stima un calo dei ricavi del -9% nel 2024, con un impatto importante sul settore manifatturiero. Da accademico, ma soprattutto da professionista impegnato quotidianamente a fianco delle PMI, temo che entrambe le previsioni siano purtroppo sottostimate.
Di fatto, da settembre 2023 le imprese italiane – ed alcuni settori merceologici in particolare – vivono un crollo diffuso e profondo della domanda, quindi della produzione e di conseguenza, dei ricavi.
L’impatto sui conti economici 2023 è stato già di per sé pesante, se associato al triplicarsi degli oneri finanziari nei conti economici stessi, ulteriormente appesantiti dalla perdita di cash-flow gestionale connesso al crollo dei ricavi.
Ma è oggi, dopo un 2024 che non ha visto di fatto alcuna ripresa della domanda e della produzione – e quindi dei ricavi, che è pronta ad esplodere una diffusa e profonda crisi finanziaria ed economica delle imprese, sempre più impossibilitate a sostenere pagamenti e rimborsi di debiti in essere di qualsivoglia natura. Non a caso Allianz Trade stima per il 2024 un aumento delle insolvenze del 19%, con 9.190 imprese a rischio. Incremento che non si fermerà neppure nel 2025, quando prevede che i default salgano ancora del 4%, coinvolgendo 9.550 aziende, nonostante il contributo che ci si aspetta dall’introduzione della CNC nell’arginare il fenomeno. Esprimo ancora il timore che queste stime siano troppo ottimistiche.
Tutto ciò mi dà spunto per proporre alcune riflessioni sulla CNC e la sua prossima centralità nel tentare di comporre ampie e diffuse crisi d’impresa. Non mi riferisco a profili giuridici o legali, bensì al valore “strategico” dello strumento, per le imprese, e delle condizioni indispensabili affinché la CNC possa dare i complessi ma vitali frutti che da essa si attendono tanto il legislatore, quanto i destinatari.
Dalla Legge Fallimentare al nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza: la funzione della Composizione Negoziata della Crisi (CNC)
È noto a tutti che la Composizione Negoziata della Crisi quale nuovo strumento per affrontare situazioni di difficoltà d’impresa, è stato inserito ex novo nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, che ha sostituito, modificato e arricchito la previgente Legge Fallimentare.
Diversamente dai tradizionali e ben codificati istituti di gestione della crisi d’impresa, la CNC è estremamente più “destrutturata” in termini di norme e regole, riferite sia agli organi dell’istituto, sia alle procedure di svolgimento, tant’è che il governo sta progressivamente provvedendo a redigere decreti integrativi, come l’ultimo e importante Dlgs. N. 136, emanato dal Presidente della Repubblica il 13 settembre 2024.
Del resto, il nome stesso dell’istituto fa capire come sia la “Negoziazione”, quindi una “trattativa” tra le parti, il fulcro attorno al quale ruota la “Composizione” – alias: “condivisione tra tutti i soggetti convenuti della possibile soluzione” – della Crisi.
Fermi restando diversi passaggi tecnici e procedurali codificati, che coinvolgono anche i tribunali – quali l’importantissima istanza di accesso alle misure protettive – la CNC è sostanzialmente un percorso di dialogo e negoziazione tra tutti i soggetti coinvolti nella procedura, a partire dall’Esperto nominato dalla Camera di Commercio, che gioca un ruolo di “pivot” in tutta la partita.
Allora è vitale che gli imprenditori capiscano bene quale sia la sostanza vera che influenzerà totalmente l’esito della composizione – che si rammenta essere puramente volontaristica, da parte dei convenuti-creditori, rispetto alle richieste dell’impresa, “intermediate” dall’Esperto.
Le condizioni per il successo di una Composizione Negoziata della Crisi (CNC)
1°: la capacità di dimostrare la natura congiunturale della crisi, sia cioè degli eventi che l’hanno indotta, sia della dimensione che essa ha oggi, in termini economici, finanziari e patrimoniali. Ne consegue che debbono essere dimostrate, e quindi condivise, dai creditori, le ragionevoli prospettive di cambiamento in positivo: degli eventi scatenanti la crisi, nel breve periodo; dei numeri e dei conti aziendali, in un arco di tempo necessariamente più medio-lungo.
2°: ciò dimostrato, all’impresa serve essere molto preparata nella richiesta di composizione, ovvero nell’identificare quali sono i “sacrifici” chiesti alle controparti creditrici, affinché l’impresa possa continuare la propria attività, e nel dimostrare che tali sacrifici per i creditori tornino di fatto a loro vantaggio, rispetto ad istituti di gestione della crisi assai più pesanti, che conseguirebbero ad un diniego della composizione.
Non c’è molto da far chiacchiere sulle richieste da portare, poiché in linea generale sono le seguenti, variamente combinabili tra loro: a) una temporanea sospensione degli obblighi di pagamento del debito per un certo tempo, scaduto o no che sia; b) un allungamento dei tempi di rimborso del debito, anche e soprattutto per i piani di ammortamento in essere; c) una riduzione del costo dei debiti in essere, ovviamente riferendoci soprattutto a quelli di natura finanziaria; d) una riduzione del debito.
Non è tema di queste riflessioni, ma è opportuno evidenziare che la tipologia, la natura, la dimensione e la numerosità dei debiti in essere – e dei soggetti creditori coinvolti – sono determinanti, per valutare se la CNC ha speranze di successo e in che modo essa debba essere impostata e condotta. Al tavolo negoziale infatti possono essere chiamati tutti i soggetti creditori – fornitori, banche e altri intermediari finanziari, enti che vantano crediti fiscali e previdenziali – e il punto di vista di ciascuno di loro, in termini di “convenienza” ad aderire alle richieste o rifiutarle, è assai diverso e dipende dalla loro posizione e dalla “qualità” attuale dei loro crediti.
3°: viene ora la parte forse più difficile, ovvero saper redigere un Piano Industriale a 5 anni che combini sia la dimostrazione della sua serietà, realisticità ed affidabilità, sia la dimostrazione che esso può condurre alla soluzione della crisi e alla soddisfazione dei creditori, proprio grazie all’adesione alla composizione. Si apre qui un tema fondamentale per il successo delle CNC, che attiene alle competenze e agli strumenti presenti nelle imprese e soprattutto nei professionisti che le assistono. Questo infatti è il punto: al tavolo della CNC, che è un tavolo negoziale, deve essere trasferita una forte sensazione di competenze aziendali, quindi di conoscenze e di capacità nella Programmazione e nel Controllo della Gestione, affinché i creditori possano maturare non solo la condivisione della “teorica” realisticità del Piano stesso (che, di per sé, sarebbe già un risultato eccellente) ma anche la fiducia nelle capacità dell’impresa di perseguire e controllare il Piano Industriale nel suo svolgersi.
4°: da ultimo, i creditori richiederanno “covenant” e fasi di verifica del Piano. L’impresa deve quindi dimostrare di avere gli strumenti previsionali e di controllo che consentano con ritmi brevi – trimestrali o persino mensili – di aggiornare le previsioni di cassa e tesoreria prima ancora di quelle economiche, ad ogni chiusura contabile periodica, affinché sia sempre sotto controllo tanto la situazione attuale quanto quella che si prospetta, in base ai risultati reali che si stanno ottenendo. Corollario di questa abilità, è l’organizzazione contabile e amministrativa dell’azienda, che deve perseguire un costante e veloce aggiornamento dei conti, così da potervi associare le previsioni di Piano dei mesi futuri, di cassa ed economiche. Solo così si avrà una costante visione dei numeri futuri e della loro adeguatezza nel soddisfare le previsioni e i covenant sottoscritti con la Composizione Negoziata della Crisi.
Composizione Negoziata della Crisi (CNC) e Adeguati Assetti Organizzativi: l’importanza di arrivare preparati
Concludo riprendendo il termine “adeguatezza”. L’ormai famosa – e ben poco considerata dalle imprese – normativa civilistica sugli Adeguati Assetti Organizzativi, da “accessorio di legge” diviene un obbligo cogente, senza il quale anche il tavolo della CNC rischia di saltare.
Ricordo infatti che l’art. 2086 comma 2 del c.c., novellato proprio dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, impone alle imprese di dotarsi di un “…assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Richiedere e presentarsi a una CNC, significa alzare di molto l’asticella degli Adeguati Assetti Organizzativi, dovendosi ora comprovare la capacità dell’impresa di gestire il Piano Industriale tenendo sotto controllo costantemente – si ripete: costantemente – il trend del Piano, gli scostamenti, gli effetti futuri di tali scostamenti e il rispetto previsionale dei covenant di CNC.
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